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Affitti: paga le imposte il solo firmatario del contratto – l’UPPI assolutamente contraria

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Se il comproprietario affitta un immobile e non indica nel contratto di locazione il nome dell’altro comproprietario (e ciò è ammissibile alla stregua delle regole del diritto civile), l’amministrazione finanziaria è legittimata ad imputare interamente al primo l’intero reddito che ne consegue. Questo è il principio è stato affermato dalla Ctp di Caltanissetta nella sentenza 1039/03/14 depositata in data 16 dicembre 2014. La controversia scaturisce dalla ripresa a tassazione, ai fini Irpef, di maggiori redditi derivanti dalla percezione di canoni di locazione per contratti registrati. Nel caso esaminato un contribuente ha concesso in locazione degli immobili senza la sottoscrizione del relativo contratto anche da parte del proprio coniuge (anch’esso comproprietario dei beni). A fronte di ciò, l’agenzia delle Entrate ha imputato esclusivamente al contribuente locatore il maggior reddito: secondo l’ufficio soltanto lui doveva ritenersi l’effettivo percettore dei relativi canoni. Il contribuente ha resistito in giudizio, rilevando l’illegittimità dell’accertamento e affermando di potere legittimamente godere delle deduzioni previste per il coniuge a carico sia per il figlio (quest’ultimo al 50 per cento) . Nell’analizzare la questione, i giudici di primo grado hanno preliminarmente ricordato che, secondo il pacifico orientamento espresso dalla Corte di cassazione (sentenza 15433/11), il rapporto che deriva dal contratto di locazione e che si instaura tra il locatore e il conduttore ha una natura personale, tale per cui chiunque abbia la disponibilità di fatto di un bene può validamente decidere di concederlo o meno in locazione. Nel caso in esame, quindi, secondo la Ctp di Caltanissetta, non vi era alcun dubbio sul fatto che il contratto di locazione che era stato stipulato dal contribuente (comproprietario dell’immobile) era pienamente valido ed efficace (pur in mancanza della contestuale sottoscrizione da parte del coniuge – comproprietario) e che, ai fini fiscali, altrettanto corretta doveva essere considerata l’imputazione del relativo reddito prodotto esclusivamente in capo al solo coniuge locatore (ovvero colui che era stato l’effettivo percettore dei canoni). A fronte dell’accoglimento della pretesa, la Ctp ha riconosciuto (seppur parzialmente) le ragioni del contribuente, evidenziando che nell’avviso di accertamento che era stato notificato si era verificata un’errata duplicazione di ripresa a tassazione da parte dell’ufficio: secondo i giudici, infatti, entrambi i contratti di locazione che erano stati esaminati (ciascuno dei quali era stato registrato autonomamente, rispettivamente, in data 30 gennaio 2003 e 2 maggio 2005) avevano assunto a riferimento il medesimo immobile. In assenza di idonea documentazione prodotta in giudizio, veniva altresì respinta la richiesta, avanzata dal contribuente, di riconoscimento del diritto alla fruizione della deduzione per carichi di famiglia. Nell’accogliere parzialmente le rimostranze del contribuente, la Ctp ha infine demandato all’ufficio l’onere di procedere al ricalcolo delle imposte, accessori e sanzioni dovute, disponendo la compensazione delle spese giudiziali. L’UPPI è assolutamente contraria a questo tipo di impostazione in quanto lede il principio stabilito dal Testo Unico delle imposte sui redditi D.P.R. 22.12.1986 n° 917 art. 26 comma 1 recita: 1. I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprieta’, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale, salvo quanto stabilito dall’articolo 30, per il periodo di imposta in cui si e’ verificato il possesso. Il comma 2 recita: 2. Nei casi di contitolarita’ della proprieta’ o altro diritto reale sull’immobile o di coesistenza di piu’ diritti reali su di esso il reddito fondiario concorre a formare il reddito complessivo di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto.

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