Periferie: sviluppo locale, innovazione sociale e sicurezza dei territori


Ne parlano:
Augusto Pascucci (UNIAT); Alfonso Pascale (CeSLAM); Marco Corsini (Avvocato dello Stato); Tommaso Capezzone (Giornale delle periferie); Giammarco Palmieri (PresV Municipio di Roma); Esterino Montino (Sindaco di Fiumicino); Sen. Stefano Esposito (Commissario PD Ostia); Padre Fabrizio Valletti (Coop. Soc. La roccia); Pino Galeota (Corviale Domani); Guglielmo Loy (Politiche territoriali UIL); Alberto Civica (UIL Lazio); Luciano Mocci (FederLazio); Alessandro Mauriello (CeSLAM); Leonello Tronti (Università Roma 3); Eugenio De Crescenzo (AGCI); Indra Perera (CNA World Roma); Laura Bongiovanni (Isnet); Umberto Croppi (Federculture Servizi); Angelo De Nicola (UPPI Lazio); Sergio Bellucci (NetLeft); Germana Cesarano (Magliana 80); Giorgio Benvenuto (Fondazione Bruno Buozzi); Paolo Masini (MIBACT); Andrea Masala (ARCI); Giorgio De Finis (MAAM); Massimiliano Valeriani (Regione Lazio); Aurelio Mancuso (Equality Italia)
Da tempo associazioni, comitati, università, gruppi di cittadini, italiani e non, provano a fare breccia nell’agenda delle varie istituzioni, lontane dai territori, chiedendo azioni concrete contro lo stato di abbandono e di sovraffollamento delle periferie. Secondo UNHABITAT (NAZIONI UNITE) il divario urbano che si sta creando tra la città ricca e quella povera è in aumento vertiginoso: 800 milioni di persone vivono negli slums (favelas,bidonville, baraccopoli) e circondano i centri residenziali dei ricchi sempre più protetti da guardie armate. La città europea moderna nella sua progettazione è stata attenta ad evitare condizioni di emarginazione di comunità e popolazioni mettendo molta attenzione alla vita sociale pubblica, ambientale e estetica dei territori urbani. Per queste ragioni negli anni passati si è discusso tanto sul “diritto alla città” e sulle motivazioni alla base della formazione delle disuguaglianze sociali (Henri Lefebvre – Diritto alla città – 1968). Negli ultimi decenni, però, la capacità di combattere le disuguaglianze è diminuita e oggi ci troviamo di fronte all’esplosione di conflitti sociali acuiti dal mancato riconoscimento delle diversità culturali e dall’assenza di strategie e politiche delle istituzioni pubbliche. Le ricadute sociali, economiche e politiche si evidenziano in programmi di governo caratterizzati dalla propaganda che orienta l’azione politica a respingere l’ immigrazione o a chiudere le frontiere piuttosto che a studiare politiche e programmi per attenuare il disagio e la separazione sociale. C’è bisogno di ricostruire la fiducia dei cittadini nei confronti del sistema politico e dei corpi intermedi e di ricomporre il rapporto tra istituzioni (regionali, nazionali ed europee) e società locale (intesa come comunità, società civile ed ente locale di prossimità) in cui le istituzioni mettono a disposizione la prospettiva e i mezzi dell’emancipazione e la società locale riaccende le sue tensioni al cambiamento e si riorganizza per trovare la strada e vincere la sfida dello sviluppo. In Europa le città inglesi, belghe e in primis francesi pagano da tempo i prezzi di queste scelte sbagliate e come si è potuto assistere tristemente nelle banlieue parigine e nei quartieri popolari londinesi e di Bruxelles, la questione dell’odio sociale ha favorito la crescita e l’insediamento di cellule criminali del terrorismo internazionale di matrice islamica connotando le periferie come habitat naturale per persone malfamate , pericolose e soprattutto diverse, quasi sub-normali. In Italia i programmi di rigenerazione urbana sono fermi agli anni 90, con i progetti Urban e al 2002 con i Contratti di quartiere, e il Piano Città dell’ex Ministro Lupi che non è mai decollato. Ciononostante le periferie delle metropoli italiane e soprattutto romane sono in continuo cambiamento, come segnalano Ilardi e Scandurra e guardare Roma è come osservare i mutamenti a livello nazionale. “Dalle borgate dei ragazzi di vita di Pasolini ai centri sociali occupati , dai territori abbandonati ai Rave illegali al movimento Ultras, fino agli anni 2000 con le tristi aggregazioni abitative sorte intorno ai giganteschi centri commerciali, le periferie romane sono state dei laboratori culturali, macchine formidabili che producono metropoli e i suoi potenti immaginari dove sono precipitati molto spesso i simboli dell’intera comunità nazionale” (M. Ilardi, E. Scandurra – Ricominciamo dalle Periferie – 2009).
MATERIALE
Relazione di Alfonso Pascale (CeSLAM)